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“Somewhere In My Mind”: le visioni funk, jazz e rock di Luigi Masciari

Tg Com 24 – Beppe Ceccato

Luigi Masciari, classe 1977, è un chitarrista e un compositore di grande eleganza. Vive a Roma e insegna chitarra jazz al conservatorio di Firenze. Il 31 maggio scorso ha pubblicato il suo terzo lavoro in studio, Somewhere In My Mind, via Tosky Records. Sette brani densi, condensati in pochi minuti di ascolto ciascuno, eccetto l’ultimo, Monolith, di 7 minuti e 59 secondi, ricchi di spunti, dialoghi, visioni.
In questa psichedelica avventura sonora assieme a Luigi ci sono due incredibili compagni di viaggio, Jason Lindner, tastierista e compositore newyorkese attivo da metà anni Novanta in varie formazioni, ha suonato nell’ultimo disco di David Bowie, Blackstar (pubblicato l’8 gennaio del 2016, giorno del compleanno del Duca Bianco, che morì due giorni dopo) e il batterista Roberto Giaquinto, che vive e lavora ormai da anni a New York. I tre, oltre al jazz hanno in comune l’origine. Luigi e Roberto sono napoletani veraci, mentre Jason, da parte di madre, vanta discendenze partenopee. 
Torniamo a Somewhere In My Mind. Funk, jazz, elettronica, pop si fondono creando ambientazioni rassicuranti ancorché sperimentali soprattutto nel connubio tra i tappeti sonori preparati da Lindner con synth analogici ed elettronica digitale e la chitarra si Luigi che naviga su questi pattern in modo sicuro vento in poppa. Un lavoro che è stato costruiti mattoncini dopo mattonino con sovraincisioni anche solo di un paio di note, soluzioni ritmiche, ricami digitali e analogici. Insomma, un lavoro di fino, senza vezzi stilistici.
Bel disco Luigi!
«Grazie! Dimmi che ne pensi, qual è l’effetto che ti ha fatto?».
Già a un primo ascolto un disco curioso, ricco di particolari, e poi il funk mi riporta agli anni Settanta e Ottanta, io ci sono cresciuto su quei ritmi, Miles Davis, la prima Fusion, Frank Zappa, sono cose moderne ancora oggi, tanto allora erano avanti! Lindner, una garanzia!
«Jason lavora in pochissimi progetti di altri. La mia idea era di avere un ospite interessato alla musica. Fare bei brani nei tempi di una canzone non è facile, deve essere tutto pesato, bilanciato».
Mi è piaciuto anche l’omaggio che hai fatto a De Andrè con Luigi Viva un paio d’anni fa (Viva De Andrè). Mègu megùn è straordinaria!
«E pensa che è stato il brano più difficile perché lì Fabrizio parla, quasi rappa! Era difficile renderlo strumentale. Infatti è il pezzo che ci ha fatto più penare! ».
Se non ricordo male, lì ci ha suonato Michael League degli Snarky Puppy…
«Sì, nella versione originale c’era l’oud, che Michael suona… è stata una fortunata coincidenza».
Anche la Canzone dell’Amore perduto è molto bella, con quell’Hammod protagonista… non deve essere facile riarrangiare brani così famosi…
«Abbiamo lavorato parecchio su quel disco. È difficile dal vivo riuscire a raggiungere quel livello di chiarezza, ci sono state parecchie sovraincisioni…».
Poi c’è anche Alfredo Paixão che è un grande bassista!
«Alfredo è… Alfredo, un grande! I musicisti non li ho scelti a caso. Volevo musicisti che fossero in grado di suonare a cavallo tra jazz, pop e rock. Alfredo è uno specialista di queste cose. L’ho avuto ospite anche in altri progetti e ti assicuro che quando c’è lui la musica la fa girare in modo diverso».

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